Aldo Rolfi a Savigliano e a Racconigi incontra i liceali dell’Arimondi Eula

Venerdì 8 marzo le classi quarte e quinte dell’Arimondi Eula, prima a Savigliano e poi a Racconigi, hanno ricordato una donna speciale, Lidia Beccaria Rolfi, la maestra monregalese deportata a Ravensbrück. Protagonista dell’incontro il figlio di Lidia, Aldo Rolfi, che ha aiutato i ragazzi a comprendere la storia della madre, nata nel 1925 e morta nel 1996, autrice fra gli altri del libro L’esile filo della memoria.

Con grande chiarezza e competenza storica, Aldo Rolfi ha dapprima delineato i confini di un sistema concentrazionario ideato con inaudita ferocia, definendo con precisione le differenze fra campo di internamento, di concentramento e di sterminio. Ha rivolto poi la sua attenzione al mondo del lavoro che ruotava attorno ai campi, con le grandi industrie come la Mercedes, la Volkswagen, la Siemens che cercavano di trarre vantaggio da una manodopera a basso costo. Di grande interesse è stata infine l’analisi della diversa collocazione dei campi nelle varie zone dell’Europa occupata, divisi in base al loro ruolo specifico.

Nella seconda parte della conferenza, i ragazzi hanno posto al figlio Aldo le domande che avrebbero voluto rivolgere alla madre Lidia in quanto prigioniera, in quanto donna, in quanto sopravvissuta. Qui Aldo Rolfi ha suscitato l’interesse degli studenti con racconti autobiografici, a volte dolorosi, a volte simpatici e leggeri, e ha parlato di una madre segnata per sempre dall’orrore, ma al contempo forte e determinata, disposta a raccontare fin da subito ciò che aveva visto. Particolarmente dolci e commoventi sono stati i racconti delle visite di Primo Levi, che andava a Mondovì da Lidia per “respirare aria di campo” (sono parole sue).

Lidia Beccaria non è stata solo una testimone attenta dell’esperienza del lager e delle difficoltà del rientro in Italia, ma ha vissuto una vita piena: ha combattuto negli anni ’70 le battaglie per l’emancipazione femminile, ha dato un contributo importante alla società del suo tempo impegnandosi nella politica e nel sociale. “Voglio vivere - scrisse Lidia su un foglietto nei primi mesi del lager – per tornare, per ricordare, per mangiare, per vestirmi, per darmi il rossetto e per raccontare forte, per gridare a tutti che sulla terra esiste l’inferno”. Lidia è ritornata, ha vissuto, ha raccontato, è stata una donna che il sistema concentrazionario non ha saputo piegare: un bel modello per i ragazzi di oggi.

Aldo Rolfi
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